Gli effetti speciali e le tecnologie non mancano, ma non si può certo affermare che il nuovo Superman firmato Bryan Singer rappresenti una rivoluzione. Tutt’altro: il regista che ha diretto i due primi episodi di X-Men e i Soliti Sospetti non ha voluto profanare l’icona dell’uomo acciaio con nuovi costumi o ulteriori superpoteri, e quindi in Superman Returns, in uscita il primo settembre, il suo supereroe è un omaggio al fumetto nato nel 1938 e, soprattutto al film, del 1978, diretto da Richard Donner e interpretato dall’indimenticato Christopher Reeve.
In questa nuova avventura Superman manca da Metropolis da cinque anni: ha vagato per la galassia in cerca delle sue radici ma alla fine ha deciso di tornare in Kansas nella fattoria dei genitori che lo hanno adottato. E così torna alla redazione del Daily Planet nei panni dell’impacciato Clark Kent: ma qui le cose sono cambiate. La sua amata collega Lois Lane è fidanzata con il figlio dell’editore, è mamma di un bimbo, e sta per vincere il premio Pulitzer per un suo reportage dal titolo “Perché il mondo non ha bisogno di Superman”.
Dopo cinque anni di assenza la criminalità è cresciuta a Metropolis e Lex Luthor, il nemico giurato dell’uomo d’acciaio, è tornato in libertà ed è pronto a distruggere il pianeta utilizzando la tecnologia del pianeta Kripton. Per Superman è il momento di agire: la sua missione è aiutare i terrestri a vivere in un mondo più sereno e riconquistare il cuore della bella Lois.
Il Superman del nuovo millennio ha il volto di Brandon Routh, un giovane attore quasi esordiente la cui somiglianza con Christopher Reeve è impressionante. Singer ha reso omaggio al film di Donner del ‘78 utilizzando alcuni spezzoni del monologo di Marlon Brando, che nel film interpretava il padre di Superman, e inserendoli in Superman Returns.
E tutto il film, dai costumi alla scenografie fino alla sceneggiatura, è improntato al massimo della classicità. “Superman è sempre stato il mio idolo” ha ammesso Singer “e quando uscì il film nel 1978 mi feci accompagnare al cinema da mia madre nel primo giorno di programmazione”. E così il regista non poteva rinunciare né al classico vestito azzurro col mantello rosso, questa volta costruito con un materiale più moderno che crea un singolare effetto ‘pupazzo animato’, né a una scenografia e a costumi decisamente anni ‘30 che si ispirano direttamente al fumetto.
Notevole l’interpretazione di Kevin Spacey nei panni di Lex Luthor uno dei cattivi più interessanti mai uscito dal mondo dei fumetti. Lex è uno psicopatico che alterna sprazzi di humour grottesco a sfoghi di ira violenta: Spacey è perfetto, la sua faccia di gomma si adatta come una maschera ai cambiamenti di umore del personaggio che non ci fa rimpiangere nemmeno un po’ quello, magistrale, interpretato da Gene Hackman nel film di Donner.